BARBALBERO

 

Un silenzio assordante e quasi fastidioso mi circonda mentre sto iniziando a scrivere.  Ad un tratto irrompe la tipica musica della domenica dell'ora di pranzo, qualche porta che si apre, uno sbattere di pentole e piatti negli appartamenti adiacenti, uno strisciare di sedie e un vociare e rincorrersi di bambini al piano di sopra.

 

Sono alla scrivania del piccolo bilocale di Via Padova a Milano città, dove ho vissuto da solo dal 2001 al 2008 e dove sono tornato, temporaneamente da oramai 9 mesi, in attesa di trasferirmi nella casa nuova. Abitavo qui quando un tubo di PVC lungo 150cm entrava nel Giugno del 2002 e sono ancora qui, a oltre 10 anni di distanza, al momento dell’arrivo di Barbalbero (quasi 5 metri di legno italiano e manifattura italica al 100%).  Segno del destino? Non saprei, ma sicuramente una bellissima coincidenza ritrovarmi nella stessa casa dove tutto era cominciato.

 

Guardo i miei didgeridoo “storici”, poi lo sguardo volge su Siluro per cadere e fermarsi infine su Barbalbero. Sono incantato e pensieroso al tempo stesso. La presenza di Barbalbero rende questa casa ancora più piccola e mette in rilievo la via del didgeridoo percorsa in questi 10 anni: da un tubo idraulico ad un albero-strumento! Un pastore di didgeridoo, per parafrasare “Il Signore Degli Anelli”.

 

Io e Barbalbero ci incontriamo il 2 Novembre 2012 e con il suo arrivo, ho la sensazione di chiudere un cerchio per aprirne un altro; con lui ho finalmente tutti i miei compagni di viaggio e posso esplorare senza più alcuna remora il pianeta musica. Ho ancora moltissimo da apprendere ma con l’arrivo di Barbalbero sento come suonatore di didgeridoo di avere raggiunto la maggiore età.

Ripenso alla conversazione avuta con Matteo Bellini qualche settimana prima. Siamo stati fortunati entrambi.

Io, a trovare un amico, costruttore capace ma soprattutto volenteroso e disponibile ad imbarcarsi in un avventura simile, dove si sapeva il punto di partenza ma non quello di arrivo. Un viaggio da affrontare prima di tutto con il cuore e la pancia come solo Matteo sa fare.

Matteo, ad incontrare  una persona a cui non interessa solo il fine ma soprattutto di vivere un viaggio-storia da compiere insieme al costruttore e allo strumento. Un pazzo… è stata l’espressione usata da Matteo… effettivamente non basta essere un suonatore bisogna avere anche qualcosa di svitato per chiedere un’invenzione di questo tipo.

Scrivo come un fiume in piena, nonostante ciò nutro seri dubbi di riuscire a dare una meritevole forma scritta alle sensazioni e all’avvincente, intensa e lunga odissea che questo strumento e la sua gestazione hanno rappresentato per il sottoscritto e soprattutto per Matteo Bellini (Platydoos) e famiglia (Platygirl Patrizia e papà Franky).

 

Il viaggio con Barbalbero inizia il 5 Luglio 2010.  Una nutria mantovana, da tempo infiltrata nel veronese, scopre che in un pioppeto sono stati sradicati, da un violento temporale, diversi alberi (notare alberi non rami). La nutria, sgommando, corre subito a riferire la notizia a mastro Bellini, che si reca subito al pioppeto nelle vicinanze di Sorgà. Subito si capisce quale impegno, fatica e sudore richiederanno questi legni. Matteo impiegherà una giornata solo per caricare gli alberi e portarli nella sua tana; deve trascinarli uno a uno per oltre cento metri non potendo entrare con il camioncino nel pioppeto. A questo link Matteo e gli alberi il giorno stesso della raccolta (il prescelto per diventare Barbalbero sarà il secondo da sinistra) http://www.jackazzara.eu/raccolta_05_07_2010.JPG

 

In seguito gli alberi sono adagiati nel ”locale” stagionatura dove saranno lasciati riposare per due anni.

 

La ghianda di Barbalbero viene alla luce nel 2011 durante la lavorazione di Siluro http://www.jackazzara.eu/strumenti/itasilur.htm

Con Siluro avevamo creato uno strumento speciale ma non un deep-didgeridoos, che era il nostro scopo iniziale. Pertanto, ancora prima che fosse terminato Siluro, avevamo già piantato il seme per il prossimo epico strumento.

 

Non ricordo con precisione la data, forse il 22 Luglio 2011, giorno dell’arrivo di Siluro, sono invitato nel locale stagionatura e trovo distesi, come se stessero riposando, gli alberi raccolti un anno prima. Dopo un breve momento di indecisione scelgo l’albero che diventerà Barbalbero. La lavorazione effettiva inizia ad Aprile 2012 con lo scortecciamento e la creazione della campana.Come per Siluro la campana sarà costruita tout-court ma con tavole di platano. La lavorazione della campana è la parte che richiederà più tempo e fatica.

Sabato 7 Luglio mi reco a Castel Dario per trovare il mio amico costruttore e vedere il compañero. Rimango impressionato dalla quantità di segatura che trovo per terra e un utensile di lavoro si era rotto per l’intenso utilizzo, cosa mai successa prima.

 

Una volta ultimata e letteralmente scolpita la campana, arriva per me il momento di decidere dove dividere l’albero. Come per Siluro, per ragioni di spazio e praticità, non posso mantenere lo strumento come un pezzo unico ma devo dividerlo in almeno tre parti. Nel scegliere dove effettuare la suddivisione vengo guidato dall’albero stesso e, dopo averlo guardato per qualche minuto, due zone attraggono la mia attenzione più di altre. A quel punto Matteo divide l’albero e inizia il lavoro sulla parte centrale e soprattutto la realizzazione dei perni per collegare le tre parti che andranno a formare Barlbalbero.

 

I perni sono stati lavorati al tornio da Franky, il papà di Matteo. Per realizzarli ha preso dei tubi di alluminio dello stesso diametro, scavandone uno all’esterno e l’altro all’interno mantenendo lo stesso diametro per tutta la lunghezza del perno stesso. Per garantire un’efficace chiusura ermetica, cosi da evitare perdite d’aria, sui maschi è stato fatto un solco per ospitare un anello di gomma.

 

 Il 15 Settembre torno da Matteo a casa sua a Castelletto Borgo. E’ una giornata decisiva perché decideremo la lunghezza di Barbalbero. La campana e la parte centrale sono ultimate (a parte la decorazione) e per simulare la prima parte utilizziamo un tubo idraulico. Dopo diverse prove, decido che il primo pezzo dovrà essere lungo tra i 150 e i 190cm.

A questo punto torno a casa e comincio a pensare al colore alla decorazione ma soprattutto al nome di battesimo. Voi vi starete chiedendo ma in che senso?? Ma non si chiama Barbalbero?? Si ma fino a metà Ottobre 2012 non sapevo neanche lontanamente come chiamarlo! Sono stato per un anno a pensare come battezzarlo e non riuscivo a trovare il nome! All’improvviso come una lama nella psiche mi torna in mente una frase detta da Matteo diversi mesi prima: “caro Jack sarà come suonare un albero”. A quel punto il tempo si dilata e si contrae. Sembra un istante infinito alla cui fine esplodo dicendo BARBALBERO. A quel punto un'altra felice intuizione: chiedo a Matteo di coinvolgere la sua dolce metà, Patrizia, nel decorare Barbalbero.

 

Matteo e Patrizia accettano molto volentieri, anche perché questa mia iniziativa gli consente per la prima volta di lavorare artisticamente insieme. Le ultime due settimane sono le più trepidanti per ambo le parti. Il sottoscritto è come un bambino a due settimane dal Natale, ma Matteo e Patrizia vogliono realizzare - non un bellissimo lavoro - ma un capolavoro e cosi la data fatidica slitta un paio di volte. Il 2 Novembre parto alle 13 da Milano. Alle 15 arrivo a Castel Dario dove non trovo nessuno ad aspettarmi. Dopo 10 minuti ricevo via telefono delle indicazioni per giungere in un luogo. Arrivato sul posto trovo Matteo ad attendermi sul ciglio della strada. Dietro di lui un pioppeto dove devo entrare per una caccia al tesoro.

 

Mi inoltro nel pioppeto e comincio a guardarmi intorno, procedo a passo lento, il giorno prima aveva piovuto ma oggi è una stupenda giornata di sole. Il terreno è bagnato e morbido al punto giusto con un buon sapore nell’aria. Continuo a camminare fino a quando in lontananza, intravedo, appoggiato a un albero…un altro albero! Mi avvicino sempre di più e comincio a mettere a fuoco… ecco cosa trovo davanti http://www.jackazzara.eu/barbalbero1.jpg

Come per Siluro a Matteo non è mancato il tocco di poesia! Ha scelto come luogo dove portarmi la culla dove è stato raccolto l’albero da cui è nato Barbalbero.

I successivi momenti sono pura emozione e non ho parole… cliccare sull'immagine per vedere:

 

Come si vede dalle foto, lungo il didgeridoo, è stato disegnato un albero con diverse foglie.

L’albero è stato realizzato da Matteo con una specie di stucco (ma più liquido per poter essere spalmato) fatto di colla, trucioli, polvere di legno e con l’aggiunta di un colorante. Dopo averlo spalmato e lasciato asciugare sembrava fango, ma una volta carteggiato lascia scoperto il legno all’interno creando un bellissimo effetto corteccia.

Le oltre 100 foglie sono state dipinte e disegnate a mano dalla compagna di Matteo, Patrizia. La nostra Platygirl ha prima disegnato il contorno delle foglie. In seguito, su consiglio di Matteo, ha trattato l’interno con un fondo bianco per il legno. Infine le ha singolarmente dipinte a mano con il pennello usando dei colori acrilici.

 

Vi saluto NON lasciandovi alcuna specifica tecnica di Barbalbero tranne la lunghezza 490cm e il drone base (il LA 27Hz ovvero la nota più bassa di sua maestà il pianoforte).

Inizialmente volevo sapere tutto di Barbalbero, quali fossero le note dei drone, dei toot, del primo pezzo, del primo + secondo , del secondo + terzo etc. ma non appena mettevo mano all’accordatore mi sembrava una perdita di tempo e soprattutto voler “catalogare” qualcosa di selvaggio, fiero e libero. Barbalbero è nato per essere suonato e farti perdere nei suoi meandri ed io ho proprio bisogno di sperimentare e sperimentarmi senza alcuna mappa o teoria. Desidero solo lasciare fluire l’energia, l’aria, la musica dentro il nostro incantevole e italianissimo pastore di didgeridoo.

 

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